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Il lato oscuro del linguaggio

Claudia Bianchi, Professoressa ordinaria di filosofia del linguaggio, Università Vita-Salute San Raffaele di Milano
14 Ottobre 2022, 17:30

Le lingue umane hanno un lato oscuro – rappresentato da un’enorme varietà di parole (insulti, ingiurie, bestemmie, maledizioni, calunnie, epiteti denigratori) e più in generale di dispositivi discorsivi volti ad attaccare, deridere, ferire, umiliare gli altri, a rinchiuderli in ruoli e posizioni di inferiorità e mettere noi stessi e i “nostri” in ruoli e posizioni di dominio. Le parole d’odio hanno due funzioni principali. Con le parole possiamo innanzitutto attaccare, colpire e ferire individui e gruppi percepiti come estranei e minacciosi: la valenza di aggressione è quella più evidente quando parliamo di linguaggio d’odio, anche perché alla violenza verbale si accompagna spesso anche quella fisica. Accanto alla funzione di attacco, c’è però un’altra funzione, forse meno evidente: le espressioni d’odio, non solo di certi politici ma anche di individui comuni, possono essere usate come una forma di propaganda, un modo per manifestare l’appartenenza a una certa fazione. Le espressioni d’odio sono strumenti con cui credenze, atteggiamenti e comportamenti discriminatori vengono presentati come diffusi, normali o razionali; individui e gruppi vengono posizionati su una ingiusta scala sociale, i loro comportamenti o affetti stigmatizzati e a volte de-umanizzati. In questa prospettiva il linguaggio d’odio non solo comunica disprezzo e ostilità contro individui e gruppi, ma anche svolge opera di proselitismo di quel disprezzo e quella ostilità, incita alla discriminazione, all’odio e alla violenza.

 

Un mutamento che ha anche toccato le dinamiche con cui l’odio si manifesta, ha spiegato Claudia Bianchi, Professoressa ordinaria di filosofia del linguaggio all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, che sono spesso dinamiche di gruppo. La parola d’odio non è solamente uno strumento per ferire l’altro, ma anche per confermare la propria appartenenza a un gruppo. Per fare ciò l’aggressore arriva anche a rinunciare all’anonimato, da tempo considerato uno degli elementi che facilitano l’odio online, rendendosi riconoscibile prima di tutto a vantaggio del proprio gruppo.

Claudia Bianchi
Claudia BianchiProfessoressa ordinaria di Filosofia del Linguaggio presso la Facoltà di Filosofia dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano

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